Il Giappone e “Womenomics”

22 Febbraio 2021
bilancia

L’acronimo “Womenomics” (Women+Economics) trova la sua origine nel report “Womenomics: buy the female economy” pubblicato dalla Goldman Sachs Global Investment nel 1999. L’espressione viene ripresa nel 2013, quando l’ormai ex Primo ministro del Giappone Abe Shinzō, nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la presenta come uno dei pilastri della cd. Abenomics (Abe+Economics), la strategia di crescita economica e di riforme per il rilancio dell’economia nipponica, con l’obiettivo di costruire una società nella quale tutte le donne potessero “brillare”. In effetti negli otto anni della seconda amministrazione Abe, la forza lavoro giapponese aumenta di 5 milioni di cui il 70% è rappresentato da donne. Si incrementa il tasso femminile di accesso al mondo universitario e oltre l’80% delle donne altamente qualificate trova impiego. Tuttavia per avere una visione corretta del fenomeno, più quantitativo che qualitativo, è necessario tener conto del Gender Pay Gap del Giappone, il più elevato tra i paesi del G7 e il secondo tra i Paesi OCSE (dopo la Corea del Sud). Le donne vengono pagate in media 25% in meno degli uomini, oltre il 50% assunte part time e con contratti atipici. Anche nel mondo politico si registra uno dei tassi più bassi al mondo di rappresentanza femminile della Dieta nazionale del Giappone, ovvero l'organo legislativo. Basti pensare che nel 2019 il rapporto uomini-donne era 9 a 1.