POST COVID: Brand&People

29 Luglio 2020
POST COVID: Brand&People

In questo presente incerto - post lockdown - che si trasforma molto più velocemente di qualsiasi altro cambiamento mai visto fino ad ora, ci siamo addentrati in una nuova fase di ricostruzione in cui il graduale ritorno “alla normalità” è accompagnato da nuovi bisogni creati dall’alterazione delle nostre abitudini.

LET’S MAKE THE DIFFERENCE. SOLVE DON’T SELL.

È chiaro che alle aziende spetta un compito importante: mettere al centro la relazione con i consumatori riconsiderando le proprie strategie di marketing. In tal senso, tutte le attività di business hanno dovuto reattivamente ripensare a come integrare il Covid nella propria comunicazione. Essere presenti e visibili per fare la differenza con l’obiettivo non di vendere in senso stretto bensì di creare empatia.

LET’S REASSURE. COLLABORATE DON’T MOVE ALONE.

Nell’epoca post Covid-19 emergono quindi le richieste emotive dei consumatori caratterizzate da una profonda sensibilità alla brand reputation. I consumatori si aspettano di essere rassicurati da una comunicazione che veicoli un messaggio positivo e collaborativo.

LET’S BE POSITIVE. BE BRAVE DON’T BE CONSERVATIVE.

L’opportunità che si apre alle aziende, quindi, è quella di poter rafforzare la propria brand reputation, pianificare cambiamenti e miglioramenti appropriati al momento storico, impattando in modo positivo sulla sensibilità dei consumatori alle questioni etiche e al corporate purpose.

In questo scenario complesso, un contributo importante per le aziende può offrirlo il neuromarketing, disciplina che integra il mondo delle neuroscienze al marketing.

Questo nuovo campo di studi interdisciplinare ci permette di comprendere in maniera più approfondita il processo decisionale dei consumatori, rivelandoci un vero e proprio cambio di prospettiva.

Grazie al neuromarketing abbiamo la consapevolezza scientifica che la quota razionale di una decisione rappresenta solo il 5% del totale, lasciando agli stati più profondi della nostra mente, legati alla componente inconscia e irrazionale, il 95% di potere.

Inoltre, nella costruzione di una scelta d’acquisto, la parte inconscia si attiva prima di quella consapevole e razionale.

Pertanto il neuromarketing permette di anticipare le decisioni d’acquisto ottimizzando la visibilità dei prodotti. In particolare, il primo aspetto sensoriale che ci orienta nelle scelte è quello visivo: i colori sono in grado di creare un profondo e immediato coinvolgimento emotivo aumentando dell’80% il riconoscimento del brand.

Generalmente le tecniche di neuromarketing misurano la risposta emotiva, che può essere positiva o negativa, ad uno stimolo. Tutti gli input sensoriali (annunci pubblicitari, spot televisivi, cartellonistica...) a cui siamo sottoposti ogni giorno e che il nostro cervello ritiene rilevanti, vengono conservati nella memoria ed è qui che si creano associazioni con i diversi brand. È così che nella nostra cultura occidentale l’oro comunica istintivamente lusso e fascino, il rosso è il colore della passione e dell’energia (spesso viene utilizzato per le vendite promozionali), il blu evoca fiducia e sicurezza (usato spesso dalle compagnie bancarie per trasmettere un messaggio rassicurante), il giallo è un colore giovanile che comunica ottimismo (utilizzato per attirare l’attenzione nelle vetrine), il verde invece è associato alla natura (spesso usato con l’obiettivo di far rilassare), il nero trasmette potenza ed eleganza.

La scelta dei colori è uno degli elementi che contribuiscono a comunicare l’essenza del brand che dovrà differenziarsi dai competitor ed essere coerente con la propria identità e brand image.

Quante persone acquisterebbero una Ferrari se l’insieme delle sue peculiarità, tra le quali il rosso, non evocasse potenza, velocità ed esclusività?

Le neuroscienze applicate alle ricerche di mercato arricchiscono quindi i dati a nostra disposizione.

Dai metodi tradizionali (quali interviste, questionari, focus group) che rilevano unicamente le emozioni esplicite e razionali, all’utilizzo innovativo di strumenti, come l’elettroencefalogramma e la risonanza magnetica funzionale, con cui diventa possibile misurare le aree del cervello attivate durante la prima interazione visiva di prodotti, loghi e comunicazioni pubblicitarie.

I dati fisiologici e neurologici raccolti, attraverso le tecnologie di brain imaging, consentono quindi di misurare il grado di attivazione cognitiva generata dai brand e realizzare una stima degli atteggiamenti e delle emozioni evocate nel consumatore. In particolare l’atteggiamento inconscio viene misurato con i tempi di latenza, cioè rilevando la velocità nell’associare aspetti positivi o negativi ad un brand.

In conclusione, è bene ricordare che l’oggetto di studio resta l’essere umano e come tale non è possibile ridurre tutta la sua complessità alla sola attività cerebrale.

Tuttavia, se correttamente adottate in sinergia con le discipline esistenti, le tecniche di neuromarketing possono offrire nuove informazioni sul comportamento umano, rendendo così più comprensibile il rapporto che il consumatore instaura con il brand, con i valori e le emozioni che esso comunica.